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Vaderetrum del piRlota
"Incivolo a Punta Ala - di Cristiano "

23 Luglio 2005

Il piano di volo lo avevo studiato dettagliatamente, si trattava della mio primo attraversamento degli Appennini, volevo sapere cosa fare nel caso in cui avessi perso di vista i miei compagni di viaggio e quindi cosa dovevo affrontare. La disposizione della pista di destinazione l'avevo letta su un paio di siti e veniva sempre chiaramente specificata la presenza di un bosco in una testata e di fili dell'alta tensione segnalati in quell'altra. Avevo sentito dire che le fitte boscaglie creano discendenze, così pensavo una volta a destinazione di preferire l'atterraggio dalla parte dei fili seppur con un filo di vento in coda, la pista avevo visto che è lunghissima, oltre ottocento metri contro i seicento di quella dove ho fatto il corso.

Sono circa le otto e trenta di sabato mattina, avevo già lavato il vetro e l'elica dell'aereo, fatto i controlli accuratamente e rabboccato l'olio che era poco più del minimo, il pieno lo avevo fatto la sera precedente, mi accordo con Alberto sulla frequenza da tenere per le comunicazioni inter nos e partiamo; decollano prima Ivano e Alberto, io li seguo, a mille piedi di quota ci teniamo in vista, e ci dirigiamo verso Sassuolo per poi cominciare a fare quota per valicare gli Appennini, settemila piedi (duemila metri circa) è la quota che mi suggerisce di tenere Alberto, la vetta più alta che abbiamo a circa dici chilometri di distanza è alta come noi, quindi il passaggio è tranquillo, ci sono alcune nubi che giunti in quota lasciamo sotto di noi, lo spettacolo è mozzafiato, volare in compagnia di qualche piccola o grande nube e ammirare le vallate che corrono sotto di noi ad unirsi in tortuosi percorsi scavati dal fluire delle piogge, vedere la terra con gli occhi dell'aquila (o di un tacchino particolarmente audace) è uno spettacolo che nessuna parola, di nessuna lingua, potrebbe descrivere, in quanto mai riuscirebbe a rendere le emozioni e gli stati d'animo che si provano in una tale situazione.

Dopo aver valicato la piccola catena montuosa iniziano a sentirsi turbolenze particolarmente intense, tanto da farmi sbattere ripetutamente la testa contro il soffitto del mezzo, normale, fastidioso ma normale "ma che p…." penso e rendo partecipe via radio anche i miei compagni di volo dicendo che sbatto continuamente la testa i quali scherzando rispondono che l'aereo è "allegro" e ci facciamo una grassa risata. Finalmente arriviamo sulla costa, a mille piedi di quota la sorvoliamo per un breve ma appagante tratto, la turbolenza è cessata del tutto, il volo è liscio, come scivolare pacatamente sull'olio, il nuovo paesaggio che si presenta è completamente diverso da quello precedente ma altrettanto appagante, poi giungiamo in pian d'alma, dove c'è la pista di Punta Ala alla quale eravamo diretti. Ivano mi suggerisce di non perdere di vista il loro aereo per evitare una collisione in quanto loro erano intenti a cercare la pista per accingersi all'atterraggio, così faccio ma la pista io ancora non la vedevo, li seguo, sento che fanno la chiamata radio: "India …. In sottovento destro per pista ventotto", penso tra me: "accidenti atterrano dalla parte del bosco, proprio quella che volevo evitare".

Li vedo accingersi alla virata in finale e li sento fare la chiamata, e così vedo anche la lunghissima pista, mi porto anche io in sottovento destro per pista ventotto, mi rendo conto di essere altissimo rispetto alla pista ma non rispetto al bosco che sto sorvolando, faccio la riduzione di velocità, come da manuale, con poco motore per perdere quota, allungo anche il sottovento per analizzare poi bene la discesa, faccio la chiamata radio, virata base, sono alto, subito via motore e full flap, sento qualche turbolenza che mi fa sbattere ancora la testa, sono in apprensione per la pericolosità delle discendenze, così ridò motore per mantenermi alto sulle piante e prendo come punto di mira circa duecento metri oltre la testata pista pensando che comunque ne avrei avuto a sufficienza, arrivo in prossimità del mio punto di mira ed il terreno è ancora lontano, non capisco, abbasso leggermente il muso e vedo la terra, sono fuori da tutti i miei parametri la velocità altissima al limite della tollerabilità flap, richiamo per rallentare, tocco la pista ma la forte velocità mi fa rimbalzare, visto la lunghezza della pista decido di riprendere l'assetto per riprovare l'atterraggio, ma il terreno è ancora lontano sotto di me (ma se lo avevo toccato prima e non ho richiamato, anzi ho spostato leggermente la cloche a picchiare) avevo perso ogni riferimento, ritocco il suolo violentemente e completamente spaesato decido di riattaccare (avrei dovuto farlo alla prima incongruenza ma col senno del poi tutto diventa più facile) tutto motore, senza esitare, tutto piede destro per mantenere l'allineamento davanti a me appaiono all'improvviso i famosi fili dell'alta tensione che avrei temuto di meno affrontandoli dall'alto verso il basso che non viceversa, tiro la cloche per superare i fili senza valutare lo stallo, d'un tratto mi ritrovo nell'assetto inusuale del muso altro, l'ala sinistra comincia a stallare, l'assecondo, cloche a sinistra, prendo un minimo di velocità e raddrizzo le ali, insomma eseguo la manovra di rimessa da muso alto fatta ripetutamente con l'istruttore e riprendo il controllo del mezzo, nel momento che tiro la cloche leggermente a me per riportare l'aereo in volo sento una botta violenta all'ala destra e vedo davanti agli occhi gli alberi: è finita.

La desolazione ed il desiderio fortissimo di non essere lì. La benzina scende copiosa dentro la cabina, immediatamente metto la chiave su off , slaccio la cintura e mi tuffo fuori dalla porta del passeggero aperta, poi spengo i magneti e chiudo i rubinetti della benzina e chiamo aiuto, la gente del posto e gli amici Ivano ed Alberto (che non potrò mai ringraziare abbastanza per il supporto sia materiale che morale) sono già lì accanto a me, il relitto è in sicurezza, usciamo dalla fitta boscaglia che i pompieri sono già in arrivo, assieme a loro l'ambulanza ed i carabinieri, non hanno fatto altro che constatare la mia completa incolumità e dopo aver raccolto le informazioni d'obbligo se ne sono andati, in compenso giornalisti ed operatori dell'informazione hanno avuto qualcosa da raccontare.

Il dopo incidente:

L'aereo lo abbiamo smontato, portato fuori dal bosco e "parcheggiato" nell'hangar dell'associazione di Punta Ala, poi abbiamo valutato il mio rientro nel Mantovano con l'unico mezzo possibile, il treno. Una famiglia lì vicino mi ha molto gentilmente recuperato gli orari dei treni, uno sarebbe partito di lì a poco, una bravissima persona del posto, Maurizio, si è precipitato a portarmi in stazione ma non abbiamo fatto in tempo così ho aspettato il treno del giorno dopo passando la nottata in quel di Follonica ed ho avuto tempo per riflettere. Al telefono, con mia moglie per spiegarle la situazione, mi passa mio figlio in lacrime disperate per tranquillizzarlo. Non ho trovato parole diverse dalle canoniche "non mi sono fatto assolutamente nulla, sto benissimo". Maurizio mi ha fatto compagnia fino all'ora di andare a dormire, ma dormire per me non è stato possibile. Ho pensato a tutto, alla pista in discesa che aveva sfalsato la mia visuale e alla quale non ero preparato, nemmeno forse se me lo avessero detto. Ad un volo sublime ma in un contesto inusuale per me, in mezzo ad alte colline circondate da fitta boscaglia, il ricordo di un incidente mortale da poco avvenuto nel vicentino di un pilota in volo più o meno nelle mie condizioni, quindi un mio palese stato di apprensione e la riattaccata, perché non l'ho fatta al primo accorgermi della difficoltà di quell'atterraggio? Persino in pianura, sulla pista a me più familiare se la manovra di atterraggio non avveniva con tutti i parametri a posto ero solito fare la riattaccata immediata, ma oggi forse ero stanco di quasi due ore di volo filate, e di un notevole stato di apprensione in quel circuito sui boschi. In quattro anni che uso l'ultraleggero ho sempre cercato a qualunque costo di evitare le situazioni di stallo, oggi invece non l'ho fatto e se avessi virato a destra subito dopo aver dato motore? E se …. Ormai era tardi per decidere qualunque manovra correttiva, dovevo riattaccare prima e basta.

Io:

La mattina dopo, in treno, telefono a mia madre per tranquillizzarla, è in lacrime disperate anche lei, le dico che non mi sono fatto assolutamente nulla e che appena rientro vado a farle vedere di persona che è vero ma lei incalza: "ma poteva andare peggio….". Ma poteva andare anche meglio!? Io sono qui, stamattina, a scrivere di getto di questa mia esperienza che avrei voluto narrare in modo differenze, parlando di gaudio e divertimento, di cose belle e da reiterare, invece sto solo cercando di prendere tempo per evitare il confronto con la mia coscienza e non rispondere alla domanda che dovrei farmi: Vale la pena rischiare di dare dispiaceri enormi a persone che mi vogliono bene e cui io voglio bene per un indubbio egoismo di vivere come più mi piace piuttosto che come più si dovrebbe? Un grazie particolare a tutti gli amici che mi hanno supportato in questa "disavventura". Chiedo scusa a tutti i soci dell'associazione MN-ULM per l'inconveniente arrecato dal mio errore decisamente inopportuno.