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Vaderetrum del piRlota
"Effemeridi - di Maurizio"

È passato ormai qualche anno da quando, pilota ULM alle prime armi, rubando qua e la ritagli di tempo, correvo in aviosuperficie per salire sullo Storch scuola e fare i primi voletti da solista. Proprio in una di queste occasioni è capitato un episodio che mai potrò dimenticare: ero con l'auto sulla strada ed il piede premeva forse troppo sull'acceleratore: era già abbastanza tardi, ma forse sarei riuscito a fare almeno un paio di giri campo.

Arrivo, parcheggio e di corsa eccomi a bordo pista. Ormai gli aerei venivano spinti in hangar, ma lo Storch era ancora là e sembrava aspettarmi: incrocio lo sguardo dell'istruttore e gli dico: "Posso, proprio un paio di giri campo?" Lui guarda il cielo e a cenni mi dice di sì raccomandandomi proprio non più di due giri campo.

Felice, comincio i controlli, poi rapida messa in moto, rullaggio, manetta e via. In breve sono sono in volo e dal cielo campo ho il tempo di ammirare le cime delle montagne con gli ultimi raggi di sole. La giornata" è bellissima e tersa come non mai. Mi sento bene e godere di quello spettacolo mi fa sentire quasi un privilegiato.

Ancora inebriato dalla bella luce del tramonto, guardo improvvisamente in basso quando, con lo stomaco che sembra aver preso un pugno grande così, mi accorgo che il terreno sotto è quasi totalmente al buio. Tolgo motore e mi dirigo verso il capannone che si sorvola lungo la base per impostare subito l'atterraggio. Dopo qualche istante, però, mi rendo conto che il capannone non è quello giusto. Guardo a destra, poi a sinistra e poi dietro, ma, incredibile, non riconosco nulla... è come se volassi in una zona che mai avevo visto.

Lo stomaco intanto era diventato piccolo così e la paura cresceva. Istante dopo istante l'oscurità avanzava, tanto che era difficile leggere addirittura la velocità suli'anemometro. L'aereo non aveva la strobo, ma per radio ho ricevuto la richiesta di fare un 360 dove mi trovavo. La manovra ha fatto si che dal campo le ali bianche fossero per fortuna avvistate. Listruttore, decollato immediatamente, mi ha raggiunto e, mettendosi davanti, mi ha letteralmente scortato verso il finale.

Vi assicuro che l'oscurità in quel momento era quasi totale.Per scendere (senza l'aiuto dell'anemometro, in quanto invisibile) sonostati necessari i fari di alcune automobili posizionate sulla testata pista. L'atterraggio poi, neanche a farlo apposta, è stato una pennellata ... Ricordo che a malapena sono riuscito a scendere dal velivolo. Tanta infatti era la paura e la consapevolezza di averla scampata davvero per un soffio.

Una lezione crudele che mi ha comunque insegnato tanto: con gli aeroplani non bisgogna dar mai nulla per scontato, mai osare e mai fare il passo più lungo della gamba. Lassù siamo sempre ospiti e mai padroni.