Storia di una passione


    Visto che in questo periodo il sito del nostro campo di volo subisce di rado modifiche, ho deciso di metterci un' po' di farina del mio sacco, raccontando a tutti voi la storia della mia passione per il volo, sperando che vi piaccia.

Come prima cosa presentiamoci: Tomasi Fabrizio, molto piacere.

Passerò subito a raccontarvi la mia storia che, prometto, non sarà lunga, anche perche' sono giovane: solo ventiquattro anni.
Ventiquattro, ma già dall'età di 7, avevo capito di avere una passione diversa dai miei coetanei. Anch'io come tutti collezionavo le figurine dei calciatori, ma non mi davano stimoli, come non mi dava nessuna emozione dare un calcio al pallone.
A me piacevano gli aeroplani: li guardavo sempre quando passavano da casa mia, alti, con quelle scie che non sapevo cosa fossero e poi, c'era l'F-104 che con il suo fischio violento sfiorava quasi tutti i giorni le campagne dove abitavo e, mi soffermavo a guardarlo finchè non si vedeva solo la scia di fumo nero che lasciava dietro di sé.
Quante volte questo ed altri aerei mi hanno fatto, durante i pasti, mollare tutto e schizzare fuori per vedere anche per un solo secondo, di cosa si trattava. Ancora oggi quanti tamponamenti rischio quando guido l'auto, continuo a guardare in su; ma finora è andata sempre bene.

    Ricordo con affetto i giorni in cui mio padre, per motivi di lavoro, si doveva recare a Ghedi e, sapendo già la mia risposta, mi chiedeva di andare con lui, con la sacra promessa di effettuare la pausa del pranzo, con la faccia incollata alle recenzioni del 6° stormo di Ghedi, dove alloggiava il tanto amato 104; ricordo che un giorno ne ho visti due partire assieme, quella si che è stata una gran giornata, avevamo visto due aerei, di solito a quell' ora non beccavamo mai niente.

    La mia passione di "scrutatore" dei cieli, verso i dieci anni, si è sposata con quella del lettore: infatti avevo cominciato ad avvicinarmi alle riviste specializzate, che ad oggi, occupano metà dello spazio presente in camera mia. Le leggevo tutti i mesi con passione, sfogliando e risfogliando le pagine, alla ricerca di qualche aereo conosciuto, visto passare su casa, cosi potevo scoprirne il nome e, quando andava bene anche le caratteristiche.
Sempre attorno a quest'età, avevo cominciato anche una collezione di aerei di metallo, che non finirà mai.
Ricordo il primo modellino, acquistato in vacanza sul lago: era un Boeing 747 con livrea Lufthansa, ora è accompagnato da circa 110 altri modelli e, ancora ne sono in arrivo.
Sempre durante questa vacanza, ricordo con piacere il giorno che convinsi mio padre ad acquistarmi il binocolo, quante volte lo avevo chiesto e quanti no avevo ricevuto, ma un bel giorno si presentò a me con una confezione e indovinate cosa conteneva, si, proprio il binocolo che desideravo tanto; mio padre me lo diede, e mi chiese:- Ma a che ti serve un binocolo? Io prontamente gli risposi che mi serviva per guardare meglio gli aerei che vedevo passare e lui, altrettanto prontamente mi disse in puro dialetto mantovano:- Te te ghè bun temp.
Ero contentissimo, era anche bello e, come si vedevano bene i miei aerei. Ogni tanto il mio prezioso dono lo porto con me, lo ritengo ancora uno strumento prezioso per i miei scopi di osservatore.

    Passano gli anni e leggere, collezionare e osservare cominciavano, nonostante fosse piacevolissimo, a stringermi un pochino così, arrivato all' età di 22 anni e, messa da parte un po' di timidezza, un bel pomeriggio, accompagnato dalla mia ragazza, decisi di gettarmi alla scoperta di quel campetto di volo che molti anni prima, mio padre mi mostrò passando di lì per i soliti motivi di lavoro.
C'era un raduno al campo di San Silvestro quel giorno. Avevo sbagliato strada, mi ricordo che sono andato a finire in mezzo ai campi, per fortuna poco dopo ho intravisto un aereo volteggiare su una zona ben precisa, li mi sono detto, eccolo finalmente l' ho trovato, cosi fu.
Mi trovai davanti uno stupendo tappeto erboso, farcito di ogni tipo di aerei, che poi ho scoperto chiamarsi ultraleggeri, di ogni forma, da quello che sembrava davvero un aereo, a quello che sembrava un giocattolino, causa le sue dimensioni ridotte, per non parlare dei colori, qui si si può dire "ce n' erano di tutti i colori".

    Quel giorno ero un po' imbarazzato, non conoscevo nessuno, ero quasi l'unico giovane presente sul campo, ma questo fatto non mi disturbava; messa da parte un'altra piccola dose di timidezza, passai la recinzione e mi ritrovai nel parcheggio, dove facevano bella mostra quei fantastici gioiellini.
Lungo la nostra passeggiata nel parcheggio, sento la mia ragazza, ormai ex, venire chiamata a gran voce da un signore che scoprii essere suo compaesano.

    Qui comincia il bello cari amici. Questo signore chiese alla mia ragazza cosa ci facesse in quel posto, frequentato in prevalenza da uomini, lei gli rispose dicendogli che era venuta con me a vedere gli aerei, causa la mia grande passione.
Il signore subito mi chiese se avevo già volato in vita mia, io gli dissi che purtroppo non avevo ancora avuto l'occasione, allora mi disse che c'era un suo amico che stava facendo un giro panoramico su Mantova e che quando sarebbe sceso gli avrebbe chiesto di portarmi su.
Le mie gambe cominciarono già a dare segni di debolezza, mi stava salendo un'agitazione che non vi dico, l'ebbrezza del volo, il sogno di una vita, era alle porte.
Mentre si chiaccherava un po' con questo signore per ingannare l'attesa, vedo atterrare un ultraleggero bianco con una striscia rossa sulla fusoliera, bellissimo; il signore intanto ci avverte che quello è il suo amico. Parcheggiato l'aereo accanto a noi, il pilota scende: un allegro signore, sulla sessantina, che come scende dal suo aereo ricordo disse:- Adesso a chi tocca venire con me a fare un giretto?

    Dimenticavo di dire che il compaesano della mia ragazza ci disse che il modo di volare del suo amico non era molto tranquillo e per questo ci disse che con lui non ci sarebbe mai salito.
Alla domanda del pilota rispose il suo amico, dicendogli che c'era un ragazzo appassionato d'aerei che voleva provare a volare, anche perché desiderava frequentare un corso di pilotaggio e, come in tutte le cose a questo mondo, bisogna provarle.
Il pilota mi invito' a salire, battiti a mille, con le mie mani aprii la porta dell'ultraleggero, intanto con attenzione, seguivo le istruzioni che mi venivano fornite dal pilota per un corretto inserimento nella cabina di pilotaggio, una volta seduto, mi chiuse la porta, mi allacciai le cinture e intanto lui si sedette al mio fianco.

    Mi disse che saremmo andati a fare un giro sulla città, io, con il cuore in gola gli risposi dicendogli che andava bene, ma lo avvertii che non avevo mai volato e che non sapevo come avrei potuto reagire a questa tanto attesa emozione ma lui, mi rispose dicendomi che non c'era problema.
Accese il motore e cominciammo a rullare, nel frattempo mi spiegò il funzionamento degli strumenti presenti a bordo ed io, con curiosità quasi maniacale, cercavo di assorbire e memorizzare tutte le informazioni che mi stava fornendo, ma era molto difficile l'agitazione dentro di me prevaleva su ogni altra cosa.
Arrivammo al punto attesa, si guardò attorno, effettuò la chiamata radio per avere l'autorizzazione al decollo e, una volta ottenuta, confermò la ricezione e mi disse con tono allegro:- Vedi il decollo è molto semplice, basta dare tutto gas e usare la pedaliera per tenerlo dritto in pista e sei a posto.
Facile ma per me era arabo, ma assorbii questa informazione, sicuro che un giorno mi sarebbe servita. Staccammo le ruote da terra con una leggiadria degna di una farfalla e, già da una decina di metri d'altezza sapevo già di non aver paura, sapevo che era proprio la mia passione, ne ebbi piena conferma quel giorno.

    Il volo proseguì, arrivammo sulla città, abbiamo fatto un giro attorno ad essa, tutto molto tranquillamente, quando sulla via del ritorno il pilota mi disse:- Adesso non ti spaventare, ti faccio provare una sensazione che sicuramente non hai mai sentito.
Ero sconvolto, mi tornavano alla mente le parole dette poco prima dal suo amico, ma ero curioso allo stesso tempo.
Cominciò a diminuire improvvisamente il gas e, progressivamente notavo che si tirava sempre più la cloche alla pancia, avevo capito che si trattava di uno stallo, l'angolo d'incidenza aumentò per me, spaventosamente e, quando l'aereo arrivò a perdere la sua capacità si sostentamento, buttò la barra rapidamente a picchiare, il velivolo scese bruscamente, lo stomaco mi si chiuse totalmente, non riuscivo a respirare, intanto vedevo lui che se la rideva, ma non vi posso nascondere che questa manovra mi è piaciuta tantissimo.
Il pilota si girò verso di me e mi chiese che ne pensavo, risposi annuendo con il capo in quanto quel ribaltamento di stomaco mi impedì per un attimo di buttar fuori la voce.

    In vista del campo il mio battezzatore, chiese via radio di effettuare un passaggio basso sulla pista e, una volta ottenuta l'autorizzazione, si precipitò sulla pista e ad un metro da terra la bruciò via alla velocità massima, ho cercato di trovare tra la folla la mia ragazza durante il passaggio, ma in un attimo ci trovammo in testata pista e terminammo il passaggio con una sfogata per me emozionantissima, infine ci recammo in sottovento e cominciammo la procedura d' atterraggio, accorgendomi di come fosse velocemente passato quel quarto d'ora.
Osservai attentamente i movimenti che fece durante l'atterraggio che eseguì a mio avviso, in modo magistrale.
Ci recammo al parcheggio, mi aiutò a scendere dal velivolo, lo salutai, lo ringraziai ripetutamente e gli chiesi se gli dovevo qualcosa, mi salutò con un arrivederci e mi disse che non gli dovevo niente.

    La mia ragazza mi fece un sorriso, io lo ricambiai ancora incredulo di quello che mi era appena successo e, mentre ci allontanammo mi accorsi che non mi ero presentato, ero troppo in tensione, ma ero sicuro di tornare in quel campo ed ero sicuro di rivedere quel simpatico signore che aveva coronato il mio sogno.
Tornai al campo la settimana seguente con un amico, trovai un signore con la barba, gli chiesi informazioni per diventare socio di quel club, mi illustrò brevemente il da farsi, pagai subito la quota e chiesi per il corso di volo e, il signore con la barba, conosciuto come Marco Arfelli, mi rispose dicendomi che c'era una trattativa in corso per ottenere la scuola sul campo, la risposta mi soddisfò, salutai Arf e me ne andai sicuro che quel campo sarebbe diventato il mio passatempo fisso.

    Passai molti fine settimana all'aviosuperficie, ho avuto modo di effettuare voli con altre persone, conoscere nuove persone, tra le quali il mio battezzatore di volo, Murelli Vittorio, al quale mi affezionai in modo particolare, grazie all'esperienza che mi aveva offerto e al modo di fare con la gente che, scoprii col tempo, lo distingueva da altri.
Purtroppo l'estate successiva, il caro Vittorio perse la vita in un tragico incidente a bordo del suo velivolo, la sua morte mi ha colpito tantissimo, ancora oggi mi capita di buttare lo sguardo nella direzione da cui proveniva e, mi rattrista tanto non vederlo più solcare allegramente il cielo.
Non finirò mai dentro di me di ringraziarlo per quello che ha fatto per me.

    Nel frattempo l'autorizzazione alla scuola era arrivata, l'iscrizione è stata immediata.
Con grande entusiasmo ho affrontato questo corso, con Vittorio sempre con me ed è a lui che dedico l'Attestato che tanto ho sognato e con tanti sacrifici ho ottenuto.

    Non sono stato di parola, avevo detto che sarei stato breve.
Spero che il mio racconto vi sia piaciuto almeno.

    Volevo ringraziare il mio istruttore di volo Marco Noto, Gianpaolo Sbarbada che mi ha sostenuto nei momenti tristi e di difficoltà trovati al corso e grazie anche a Cristina che continuando a dirmi di utilizzare meglio il mio tempo libero, mi ha dato lo stimolo per scrivere questa mia storia.
Un saluto a tutti e grazie per la pazienza.

Tomasi Fabrizio