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Vaderetrum del piRlota
"Una storia finita bene - di Renato "

1978 - 2003

Gentilissima redazione vorrei raccontarvi la mia storia riguardo la passione per le macchine volanti.
Nel lontano 1978, nei pressi di Mantova, passando in automobile, vidi per la prima volta un deltaplano a motore. Ricordo molte persone attorno al mezzo, il pilota era seduto sul mezzo con i piedi appoggiati a terra e con molta calma si infilava un paio di guanti. Io lo guardavo, e mi sembrava che volesse farci intendere che fosse un Dio che stava per compiere una specie di miracolo. Dopo pochi secondi accelerò e dopo una breve rincorsa volò via, e con una larga virata ci passò sopra. Provai una strana sensazione, come se avessi voluto farlo anch'io, come se avessi immaginato quello che lui in quel momento stava vedendo: poter passare sopra a campi, alberi, strade, fiumi, libero di scegliere qualsiasi traiettoria senza dover per forza seguire una via. Era libero e stava passandoci sopra.

Mio cugino mi prestò un libro che parlava delle prime macchine volanti: leggendo i dati tecnici mi resi conto che con la tecnologia di oggi sarebbe stato un gioco da ragazzi costruire un mezzo di allora, Volavano con mezzi costruiti con legno, ferro e tela di cotone, motori pesantissimi e con un massimo di 15 o 20 hp. Cominciò a farsi strada la possibilità di costruire uno di quegli aeroplani, che avevano fatto sognare i pionieri di allora e che ora facevano sognare me. Mi recavo quasi tutti i giorni nel magazzino di mio suocero, rigattiere del paese da ormai 30 anni, così un giorno rovistando qua e là, trovai il motore di una Citroen Dyane 6, un bicilindrico contrapposto leggero e affidabile, e scattò la molla che fece partire i lavori di costruzione di una delle macchine volanti viste nel libro. La mia preferita era il Bleriot, quello che aveva attraversato la Manica e che, secondo me, era anche il più facile da realizzare. Così, sistemato il motore e cominciai a costruirgli intorno il Bleriot XI usando solo materiale di recupero.

Il magazzino di mio suocero è proprio di fronte alla fabbrica della Lamborghini automobili, e un giorno entrò un signore molto distinto. Mi disse che lavorava a Sant'Agata, ma che la sua precedente occupazione era alla Boeing dove si occupava di studi aerodinamici, e che siccome il suo ufficio era proprio di fronte al magazzino, aveva notato da giorni che stavo lavorando alla costruzione di un "aereo". Era un ingegnere, e alla Lamborghini si occupava di studi sull'aerodinamica della Diablo, allora in fase sperimentale. Mi diede molti consigli, soprattutto quello di rispettare la distribuzione dei pesi, cosa importantissima se un giorno lo avessi voluto far volare. Veniva a trovarmi quasi tutti i giorni e tra di noi si era instaurato un buon rapporto, Un giorno mi chiese se poi avessi avuto il coraggio di salirci sopra. Mi ricordo che lo guardai: perché non avrei dovuto provarlo? Lo avevo costruito io … che problemi avrei dovuto farmi per farlo volare? Ci sarei salito sopra, avrei messo in moto e, raggiunto il campo dietro al magazzino, avrei provato ad accelerare un po', e quando avrei ben capito il funzionamento, sarei decollato per poi, dopo aver virato, atterrare subito per controllare che tutto quello che avevo costruito avesse ben retto al collaudo. In seguito avrei potuto fare dei voletti più lunghi. E finalmente il mio "Bleriot" fu pronto. Era molto bello, sembrava uscito nuovo da una fabbrica di 80 anni prima. Mancava solo l'elica.

Dopo varie ricerche fui indirizzato in un campo di volo, abbastanza lontano da casa mia: rividi ancora deltaplani e piccoli aerei costruiti in tubi con alluminio e tela, un po' buffi se paragonati al mio Bleriot. Un signore intento a rifornire uno di questiaeroplani, mi indicò un deltaplano che già più volte ci aveva sorvolato, dicendomi che senza dubbio l'istruttore avrebbe potuto accontentarmi, ma che avrei dovuto aspettare la fine della lezione che stava tenendo. Mi venne di pensare all'allievo che stava prendendo una lezione di volo. Perché mai le persone non sono tutte uguali? Mi ricordo che da bimbo, quando imparai a usare la bicicletta imparai subito la prima volta, senza mai cadere percorsi tutto il perimetro della casa. Uguale fu per il motorino. Di certo non avrei dovuto prendere nessuna lezione per far volare il mio aereo, sicurissimo che il mio progetto di iniziare per tentativi avrebbe funzionato egregiamente. Assorto in tutti i miei pensieri, fui attratto da una persona sulla cinquantina con il corpo quasi tutto ricoperto di gesso e fasciature. In mezzo ai convenevoli di tutti, udii alcune parole che mi colpirono: "hai visto che cosa succede a fare l'autodidatta?". Incuriosito da questa frase, e avendo capito che si trattava di un socio del campo mi avvicinai ancora e, dopo qualche parola di saluto, cercai di capire chi fosse e che cosa significasse la parola autodidatta. Il malconcio era il contadino proprietario del terreno. Era lui che teneva falciata l'erba, puliva intorno al campo, si occupava di tutti i lavoretti di manutenzione e, a forza di vedersi passare deltaplani sulla testa tutti i giorni, aveva deciso di prenderne uno di quelli smessi lasciati dai soci. Così, mi raccontò il contadino, un pomeriggio, quando al campo non c'era nessuno, riempito il serbatoio di benzina cominciò a rullare in pista, prima piano, poi più forte fino a quando sarebbe arrivato a compiere il primo salto. I miei stessi pensieri, i miei progetti, la mia stessa idea. Poi? (incalzai io). "Poi non c'è stato nessun salto. Appena ho raggiunto la velocità giusta è volato via non lasciandomi nemrneno il tempo per pensare, e quando ho tolto il piede dall'acceleratore sono finito in quel canale là in fondo. Sono stato fortunato se sono qui". Non aspettai la fine della lezione. Non comprai l'elica e tornai a casa amareggiato. Non avevo neanche pensato che avrei potuto farmi male. L'ingegnere dopo qualche giorno capì che avevo perso tutto l'entusiasmo e mi propose di vendergli l'aeroplano. Lo avrebbe portato a Milano, non so per farci cosa, magari per metterlo in un giardino... Non rividi mai più l'ingegnere e solo dopo capii il perché della domanda che mi fece (ci salirai mai sopra?). Lui sapeva la differenza tra un'auto che poggia le ruote in terra e un aereo, sapeva anche che per volare non basta che un mezzo abbia le sembianze di un aeroplano e che se anche nel più fortunato dei casi lo si può costruire il più fedelmente possibile, perché possa volare c'è bisogno di ben altro.

Da quei giorni sono passati ormai 25 anni, mio suocero è in pensione e io ho preso il suo posto. Poco tempo fa vengo invitato a casa di un signore che non conoscevo, per sgombrare un magazzino. Giunto all'indirizzo scopro con mia grande sorpresa, che il posto da sgombrare era in realtà un hangar dove erano parcheggiati non meno di 30 deltaplani. Dovevo sgombrare alcuni deltaplani che vecchi soci avevano abbandonato, alcune ali, alcuni aeroplani incidentati e altro materiale. A 50 anni non si sogna più come quando se ne hanno 20, però, mentre caricavo i rottami sul camioncino, cominciavo già a pensare che prima di gettarli avrei di certo provato a metterne in moto uno. Così poco tempo dopo, dopo aver fatto i controlli d'obbligo a un motore che è stato fermo per molto tempo, provo ad accenderlo. Si trattava un Rotax 447. Dopo alcuni tentativi si accende... prima fuma, ma appena ha il tempo di scaldarsi tiene il minimo girando bello rotondo. Così decido di montarlo sopra a un vecchio carrello Tirelli, anch'esso trovato in mezzo ai rottami, e incomincio subito a rullare avanti e indietro sul terreno dietro al magazzino. Una sensazione bellissima: senza l'ala la ripresa è rapidissima, e l'aria che ti colpisce ti fa spalancare le braccia. Continui ad accelerare, ma non voli via. Ci vuole l'ala sopra. Contatto allora Paolo, è un vecchio amico sempre indaffarato, che ha la passione per il volo dal lontano 1980 e dispone anche di una pista privata. Dopo avermi spiegato l'importanza dell' ala, soprattutto quando si è novellini, mi dice che possiede ancora la sua vecchia 21, non è gran che, ma per iniziare può andare bene. Combiniamo il prezzo (veramente irrisorio) e Paolo aggiunge alcune parole che sono per me un'amara sorpresa: "te la dò soltanto dopo che avrai preso qualche lezione di volo, perché ricordati sempre che i soldi spesi meglio sono quelli spesi in lezioni".

Comincio così nei pomeriggi liberi a frequentare il campo di volo che avevo sgombrato giorni prima. Dopo un paio di settimane, senza aver ancora contattato l'istruttore (era in vacanza), ritorno da Paolo e prendo l'ala, dicendogli che non l'avrei montata prima di aver fatto le lezioni. Lui non è proprio convinto, ma alla fine me la dà, e io la monto subito sul carrello. Subito dopo sono sul campo lungo circa 250 m che costeggia per tutta la sua lunghezza una vigna alta circa 2 m. Comincio a rullare, con l'ala montata il carrello si dimostrava più lento nella ripresa, ma aumentando velocità la ruota anteriore diventava leggerissima e si sollevava... Avrei potuto smontare l'ala e rimettere tutto in garage, ma 5 litri di benzina rimasti dentro una tanica mi fanno cambiare idea: tomo subito sul campo per fare ancora esperienza, e provo ancora per vari giri, questa volta facendo compiere al carrello anche piccoli saltelli lunghi 10-15 m fino a quando, a forza di saltellare, vidi la vigna nel campo laterale, da sopra! Mi ero alzato in volo! il cervello ha avuto subito un attimo di sbandamento, poi ho cercato di tenere il deltaplano diritto e, calando dolcemente il gas, sono atterrato con una "spancìata" in mezzo a un campo di barbabietole mezzo chilometro più avanti. Tremavo tutto, ma non di paura. Mi sembrava di aver fatto qualcosa che non dovevo fare, di aver fatto qualcosa di male. Però ero felicissimo, non avevo mai provato in 50 anni una sensazione così bella. La notte a letto non riuscivo a prendere sonno, la mente mi faceva rivedere costantemente quei 500 m passati in volo, rivedevo la vigna da sopra, rivedevo le barbabietole avvicinarsi, tutta la notte ho ripetuto quel piccolo volo migliaia di volte. il giorno seguente sono di nuovo ritornato sul campo cercando ancora di migliorare quello che avevo fatto il giorno prima, ma stavolta c'era vento. Dopo alcuni tentativi mi sono alzato in volo e ho superato l'altezza della vigna, ma ho capito subito che dal giorno prima qualcosa era cambiato: il deltaplano ha incominciato a tirare verso la destra... tolgo il gas... La scena la rivedo ancora oggi: il carrello si è rovesciato, ho cominciato a strisciare in terra con tutto il corpo mentre l'ala si impuntava in terra davanti a me. il mio pensiero era rivolto al supporto del motore (speriamo che regga) poi di colpo tutto finito. Sentivo che il motore girava al minimo e cercai subito l'interruttore per fermarlo. Mi rialzai, lacero, ma senza danni fisici. Buttai il carrello e l'ala nei rottami.

E così sono finalmente andato a scuola, volando insieme a un istruttore. Non ci crederete, ma quando l'istruttore mi ha detto che avrei potuto provare da solo io gli ho risposto che lo avrei detto io quando avrei provato da solo, e che per il momento avrei preso altre lezioni. È venuto l'inverno e io ne ho approfittato per pareggiare il campo di fianco alla vigna, l'ho segnalato e ho montato una grandissima manica, ho riparato altri 2 deltaplani e acquistato una nuova vela. E quando questo lungo inverno sarà passato, dopo aver provato per un' altra volta con l'istruttore, proverò finalmente da solo. Approfitto dell' occasione per invitare tutti quelli che si trovassero a passare sopra al mio campo a scendere, perché per tutti c'è una buona bevuta. Ringrazio inoltre Aviazione Sportiva di esserci e di dare ogni tanto spazio ai malati d'aria che, come me, non hanno la possibilità di volare con mezzi costosi come una casa, ma che con poco si divertono lo stesso.