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La "TANA" di ARF          by Arf
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Vaderetrum del piRlota
"Cronaca di un volo IMC col delta - di Pietro" |
Sant'Agata de' Goti.
Tempo bello, vento quasi zero. Una delle poche giornate belle di un Gennaio 2005, bagnato come poche volte ho visto nei miei ...ant'anni.
E' quasi ora di pranzo e, prima di andarcene, un amico deltaplanista mi chiede di provare il suo giocattolino: un Polaris di quelli che hanno messo in aria generazioni di piloti; spartano ma comodo; semplice ed affascinante come un nuovo paio di scarpe da jogging.
Il motore: un eroico 503, di quelli a testa in giù. L'ala: una fiammante 19 metri; bellissima. L'amico, nell'attesa che mi bardi per il freddo, tira via dall'hangar il delta e ... senza sedercisi, ma con i piedi ben piantati per terra, strappa la messa in moto e, al canonico terzo tentativo, il 503 canta tranquillo al minimo.
Intanto arrivo io e gli chiedo di prestarmi un casco per il mio capoccione; ne ricevo uno, idoneo per misura ma scarsissimo per igiene.
Penso bene, allora di indossare il mio zuccotto come sottocasco... e qui devo prima precisare ancora qualcosa.
La pista in erba del FlyClub Sant'Agata è orientata 11/29; la testa pista 29 è poco distante da un meleto e sui due lati, anche se a più di trenta metri, sono posizionati gli hangars.
Il delta era in moto, al minimo, accanto alla soglia pista 29, ma in direzione 11 (verso il meleto!).
Una decina di persone circondava, in quel momento, me ed il delta; ed ecco i fatti.
Indosso lo zuccotto (cappellino di lana con i bordi arrotolati); calzo i guanti imbottiti; prendo il casco; scavalco il trike per sedermi.
Da questo momento in poi L'INFERNO!
Sedermi, infilandomi il casco integrale e poggiare i piedi sui pedali, è un tutt'uno.
Lo zuccotto di lana si dipana con la pressione del casco integrale che scende fino al mento; è BUIO PROFONDO e IMPROVVISO.
Nel sedermi ho leggermente accelerato il motore.
Sentendo il motore su di giri, spedalo nella speranza che si disincagli l'acceleratore. Invece no, il motore va al massimo!
Istintivamente cerco l'interruttore magneti tra le gambe... non c'è!
Il delta intanto si muove verso il meleto e la piccola folla di persone. Qualcuno e tra questi anche mio figlio, per evitarmi si lancia di lato. Sono attimi che richiedono minuti per essere raccontati e, solo in quegli attimi, ti rendi conto di quanto sia bella la vita e quanto meriti di essere vissuta.
A memoria (completamente al buio) viro decisamente verso sinistra per evitare gli alberi; col motore sempre al massimo provo a cambiare quello che sembra essere l'epilogo predestinato della mia vita. È un finale che non mi piace; non mi piace! Questo è ciò che mi ripeto ... e apro. Balzo per aria, e sempre a memoria (...ma forse a culo!) immagino dove può essere l'hangar e prima chiudo per racimolare un pochino di velocità e poi apro di colpo. Tutto ancora in virata sinistra; quasi una chandelle.
Gli osservatori da terra mi hanno poi raccontato che ho decollato in sette/otto metri; ho mancato per circa venti centimetri, con la semiala destra, un albero e per altrettanto l'hangar, sul quale ho quasi rullato.
Sentendomi finalmente in aria libera, lascio che il pendolo faccia il lavoro per il quale è nato e mollo la barra.
Ancora non capisco il motivo del blackout; impiego circa una decina di secondi per tradurre in realtà l'incubo che sto vivendo. Quindi, liberato un occhio, realizzo che salgo come una scheggia, portato da un'ala splendida e da un motore che urla sotto sforzo. Quel motore che mi ha teso un tranello ignobile; lo stesso che, incessantemente, senza alcuna esitazione, si affanna per salvarmi la vita.
Da qui in poi è routine: respirazione a pieni polmoni per calare la tensione; recupero del disorientamento spaziale; ricerca dell'interruttore magneti ... trovato! Non in posizione standard, ma praticamente nascosto sotto la mia coscia destra.
Magneti off, ed è il volo planato più bello della mia vita; lo assaporo a pieno e sono felice; è quasi una rivincita su quella maledetta catena di eventi negativi che mi ha visto protagonista.
Perché il 503 ruggiva così tanto?
Se avessi eseguito bene i controlli, avrei notato (a motore spento ovviamente) che il trefolo dell'acceleratore, all'uscita della guaina, aveva dei fili spezzati che impedivano al pedalino del comando del gas di ritornare in posizione; e più si accelerava, più il motore restava accelerato.
Anche in quest'occasione qualcuno ha erroneamente lodato la mia capacità di conservare il sangue freddo nel fronteggiare l'imponderabile.
A costoro, a chi mi legge e soprattutto a me, dico che sarebbe stato sufficiente eseguire una regolare checklist per evitare un rischio tanto elevato, per me, per il delta e per le persone presenti; e tra queste mio figlio che, inebetito alla vista di uno sciocco incappucciato che volava tra le mele e gli hangars, balbettava: - Ma, papà ... papà...
Che non debba accadere mai più.
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