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La "TANA" di ARF          by Arf
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Vaderetrum del piRlota
"Quando la nebbia offusca la ragione - di Antonio" |
Sabato 28 ottobre 2006. volo di trasferimento da un'aviosuperficie in provincia di Cuneo ad un'altra in provincia di Arezzo, con il nostro STOL.
Previsioni meteo buone su tutto il percorso, a parte possibili formazioni di nebbie o foschie nella pianura padana.
Percorso previsto: Acqui Terme, Novi Ligure, Voghera, sorvolo del Po fino a Reggio Emilia, Carpi, CTR di Bologna da lasciare alla nostra destra, Borgo San Lorenzo, Pratomagno, Arezzo. 500 km esatti contro i 350 della rotta diretta. 500 km sicuri, ricchi di aviosuperfici e di emergenze lungo quasi tutto il percorso. 500 km già percorsi 2 volte.
Volo di linea del sabato (Firenze - Torino). Atterraggio ore 7 e 30, col mio socio vediamo dai finestrini a sud di Torino nebbia in banchi di discreta estensione. La visibilità a Caselle però è buona. Arriviamo a CastellettoStura alle 11. Lì c'è il sole ma in treno da Torino abbiamo trovato ancora molta nebbia. Il mezzo è pronto. Faccio un volo di prova con il pilota dimostratore ed è tutto ok. La messa a punto e tagliando delle 50 ore sono stati eseguiti correttamente.
Alle 12 e 43 diamo tutto motore e decolliamo regolarmente. Prua 70°, quota 2500 piedi "sull'H". Mi prende la solita euforia che provo ogni volta che l'abbraccio dell'aria mi concede il privilegio sovrumano di staccarmi da terra e di librarmi in un altro mondo. I bollettini che X. ci ha dato un minuto prima di partire ci danno visibilità buona a Caselle, solo 1500 metri
a Piacenza, 3000 metri a Parma e > di 8 km a Bologna. E' previsto un miglioramento generale dovuto al progressivo dissolvimento diurno della nebbia.
Il viaggio procede nella massima tranquillità. C'è il sole, la visibilità è buona a parte una leggera foschia. Controlliamo i due GPS e li confrontiamo con la carta. Procediamo a 140 di anemometro e 128 di GPS.
Progressivamente, con incremento costante ma quasi impercettibile la visibilità diminuisce. A Novi Ligure è già scesa a circa 3 km. A Voghera, un'ora dopo la partenza, il sole sparisce, per una leggera ma efficace copertura nuvolosa e la visibilità è circa un km. Siamo ancora entrambi tranquilli, fiduciosi nei bollettini e nel rapido dissolvimento promesso. E' proprio qui il punto. Le condizioni erano già tali da imporre l'atterraggio immediato ma, l'aspettativa creata dai bollettini, la determinazione a completare la missione, la certezza che la meteo peggiorare
ulteriormente non possa, ci hanno fatto proseguire per fatidici 7 minuti. 7 minuti in cui la visibilità è scesa ulteriormente, tale per cui ci siamo dovuti abbassare fino al limite massimo toccato (ovvero dove abbiamo toccato il fondo!) dei 100 piedi AGL. La concentrazione per non incappare in ostacoli era al massimo, non c'era neanche una frazione di secondo per
impostare un "nearest" sul GPS, che poi non avremmo neanche potuto raggiungere per il semplice fatto che per non perdere il contatto col suolo avremmo dovuto scendere così tanto di quota da portare il rischio a livelli insuperabili.
Facciamo un 180°. Sullo schermo del GPS di bordo si legge ancora la scritta LILH, quindi almeno Voghera anche con questa nebbia
riusciremmo a trovarlo. Ma non dirigiamo direttamente lì. Decido di seguire dei punti di riferimento a terra che mi diano conferme alla direzione suggerita dal GPS, seguo quella che sembra una statale che sembra condurre verso Voghera (la ripetizione è voluta per rendere l'idea del livello di incertezza della situazione). La visibilità per un attimo mi sembra calare ancora. In questo preciso momento siamo entrambi vicini a perdere la calma. Vedo un campo grosso sotto di noi ma arato e con dei pali della luce. Sto rapidamente valutando se atterrarci, ma la determinazione a non gettare la spugna in malo modo mi spinge a proseguire ancora un attimo. L'oppressione psicologica generata dalla situazione mi fa decidere improvvisamente, convinto che la coltre nella quale siamo incappati sia di piccolo spessore, di salire a ritrovare il cielo pulito e da lì poi valutare il da farsi. Avevo ridotto a 4000 giri, pertanto ridò gas e cabro. In un
attimo perdiamo il contatto col suolo e ci ritroviamo immersi nel bianco scuro. Il panico mi assale, ma non perdo completamente la lucidità. Per un attimo penso alle mie figlie. Il mio socio bestemmiando mi "suggerisce" di ritornare giù. Gli do retta.. È la nostra salvezza. Il tutto (cabrata e successiva ridiscesa) è avvenuto con tale rapidità da permetterci di non ritrovarci in assetti pericolosi vittime del disorientamento spaziale (ciò che accade volando in IMC senza strumenti e senza essere addestrati IFR) e da riprendere immediatamente il pur vago contatto visivo col suolo che avevamo fino a qualche frazione di secondo prima. Tornando verso Voghera la visibilità aumenta impercettibilmente. Ancora un paio di minuti (ci possiamo già "permettere" i 300 piedi AGL) e iniziamo a intravedere il disco del sole completamente schermato. Poi lo vediamo chiaramente e vediamo alla nostra sinistra la pista. Chiamata radio (che non funziona o meglio funziona letteralmente quando vuole lei e sicuramente quando non è indispensabile). Abbiamo comunque, non so perché, la certezza che non ci siano altri traffici. Guardiamo diligentemente la manica a vento, ma non siamo, come vorrebbe la regola, sulla verticale del campo ad almeno 1000 piedi AGL. Per non perdere il contatto col suolo siamo soltanto a circa 300 piedi AGL e descriviamo uno strettissimo circuito sinistro per la 34 ormai determinati a non farcela scappare. La virata in base e poi in finale si riduce ad un 180° rapido e senza scrupoli. Ci ritroviamo allineati alla sovrabbondante pista e facciamo il finale a 80 con full flap, come d'abitudine. Atterriamo alle 13 e 57 dopo 74 minuti di volo. Siamo certi di incappare, come minimo, in una (meritata) sgridata per essere brutalmente atterrati in un aeroporto senza autorizzazione. Ma non è così. Raccontiamo laconicamente l'accaduto e chiediamo se c'è da pagare qualche tassa.
Chiamiamo X. e ci facciamo dare un aggiornamento sui bollettini. Piacenza dà 3 km di visibilità, Parma 1500 metri, Bologna > 8 km, Forlì 3 km. Il sole è sempre più brillante, la foschia intorno si sta dissolvendo rapidamente.
Decidiamo di tentare di ripartire con un radicale cambio di percorso: rotta diretta su Borgo San Lorenzo. Siamo sicuri di non trovare nebbia e accorciamo il percorso quel tanto da avere ampio margine sulle effemeridi previste per le 18 e 17. Unico grosso difetto della rotta: la scarsità di emergenze. Alle 14 e 35 siamo di nuovo in pista. Il volo si svolge nella massima comodità: sole, solo una leggera foschia, aria immobile, crociera a 130 di anemometro e 140 di GPS per una leggera corrente a favore. Il Cimone ci spinge fino a 6000 piedi. Il panorama è stupendo. Sintonizziamo su Firenze Avvicinamento e ci godiamo le conversazioni dei numerosi liners in decolli e atterraggi continui. Alle 16 e 50 tocchiamo l'erba di casa. Siamo euforici per essere riusciti nell'impresa e per la bellezza del volo fatto. Per quanto mi riguarda, come al solito, ripartirei anche subito, vorrei che il gioco non finisse mai.
Alcune considerazioni:
1) ci siamo resi conto che l'Appennino non è poi così malvagio come emergenze e il nostro aereo che atterra su ostacolo in 95 metri effettivi, sperimentati di persona nella gara di Terni, ci consente davvero ampie possibilità in più rispetto ad altri velivoli. Col "senno di poi" avremmo potuto decidere fin dalla partenza il sorvolo dell'Appennino ed evitare completamente l'avventura vissuta.
2) Il desiderio di proseguire a tutti i costi (ritornite) è un fattore a cui dedicare la massima attenzione: credo che sia una delle cause di base della potenziale catena di eventi.
3) Fondamentale era anche il rendersi conto subito che eravamo già entrati in una situazione di visibilità insufficiente. Se avessimo invertito la rotta anche soltanto 5 minuti prima avrei potuto dire che non avevamo corso nessun rischio. Concausa di questo ritardo nella decisione è stata la progressività nel deteriorarsi della visibilità.
4) Altra concausa è l'avere qualcuno a bordo. Abortire la missione è inconsciamente più difficile. Mi sono reso conto che quando volo da solo (almeno fino ad ora) ho sempre deciso in maniera più rapida e corretta. Posso anche dire però che senza il socio forse avrei proseguito nel tentare di raggiungere il cielo azzurro, e forse ora non sarei qui a raccontarlo.
Conclusione.
Abbiamo dovuto sbattere il naso nel muro di nebbia per prendere la decisione di passare sopra l'Appennino. Quindi un grosso problema mentale è il fatto che spesso devi toccare con mano la situazione anche a rischio di lasciarci la pelle per convincerti che l'altra opzione che hai a disposizione magari è più scomoda ma più sicura. Non tutti hanno la fortuna di vivere
un'esperienza che ti rimarrà dentro e che in futuro ti impedirà quasi sicuramente di ritrovarti nella stessa situazione di pericolo. Ho scritto questa relazioncina proprio per questo motivo. Perché altri non debbano doverla vivere di persona questa esperienza per convincersi che è meglio tornare indietro al momento giusto invece che trovarsi in grossi guai come è capitato a noi. Qual è il momento giusto? Questo è il punto. Capire qual è il momento giusto per tornare indietro. Secondo me c'è un trucco semplice, che quest'esperienza mi ha insegnato, per capire qual è il momento giusto: quando hai il primo dubbio. Quando ti poni per la prima volta la domanda "sarà il caso di continuare?" (ritornite). Quello è il momento giusto per fare il 180° e atterrare al primo campo disponibile. Tanto fermarsi a riflettere non ha mai ucciso nessuno. La domanda fatidica uno se la pone inizialmente con cadenza molto dilazionata e la vede come un'ipotesi remota, poi sempre più frequentemente; alla fine, quando la domanda non te la togli più dalla mente, significa che sicuramente è già tardi. Ringrazio il Cielo con tutto me stesso e spero che questo mio raccontino possa essere utile a qualcuno. Ricordate: in altre situazioni non c'è problema, ma in volo bisogna tornare indietro e atterrare al primo dubbio. Non quando il dubbio si trasforma nella certezza di aver fatto una grande sciocchezza.
Con i più cari saluti e grazie mille per l'attenzione.
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